Pensate che fibre composite o in policarbonato siano la stessa cosa? Vi raccontiamo come è realizzata la protezione principale di ogni motociclista e le differenze tra i principali materiali usati. Per farlo siamo stati nell’unica azienda che costruisce in Italia tutti i componenti, anche i più piccoli, per garantire qualità e controllo.
Il nome Nolan può sembrare di origine anglosassone. E invece è un’eccellenza tutta italiana, che produce all’interno dei suoi stabilimenti di Brembate di Sopra (BG) ogni singolo componente dei suoi caschi. Dalle calotte esterne alle visiere, dal polistirolo agli interni, passando per i più piccoli dettagli plastici, come cinturini e prese d’aria. Senza dimenticare gli intefoni N-Com: Nolan è infatti l’unica azienda di caschi al mondo che sviluppa internamente un sistema di comunicazione, per avere la massima qualità e integrazione (ma gli interfoni N-Com esistono anche in versione esterna, universale per tutti i caschi).
Il gruppo Nolan, che comprende i anche marchi X-Lite e Grex, oggi è il più grande produttore di caschi in Europa: conta 400 dipendenti e produce 400.000 caschi all’anno, distribuiti in 84 Paesi nel mondo, per un fatturato di oltre 40 milioni di euro. Numeri importanti, ma la sua storia parte da una piccola officina di Mozzo (BG) nel 1972. All’epoca, il fondatore Lander Nocchi (No-Lan è acronimo delle sue iniziali) lavorava come rappresentante di accessori moto, in particolare di parabrezza aftermarket.
A quel tempo i caschi erano solo in fibra di vetro, costosi, pesanti e, di conseguenza, poco diffusi, tanto più che il loro uso non era ancora obbligatorio. Ebbene, Nocchi ebbe un’idea rivoluzionaria: perché non costruirli in Lexan, lo stesso materiale dei parabrezza? Fu così che andò negli USA, comprò un macchinario per stampare il policarbonato e iniziò a produrre i suoi caschi. L’idea funzionò e l’azienda si ingrandì, investì nell’innovazione e sviluppò nuovi prodotti fino al boom del 1985, quando l’uso del casco in moto divenne obbligatorio per legge. Nel frattempo subentra il figlio Marzio, e Nolan diventa un riferimento anche nel mondo delle corse: i suoi caschi sono venduti e apprezzati.
Ma ambizioni troppo grandi rischiano di far crollare tutto.
LA STORIA DI GREX & X-LITE
Nel ’91 sono gli stessi dipendenti a rilevare la gestione dell’azienda, guidati dall’allora responsabile marketing Alberto Vergani, tutt’oggi presidente di Nolangroup. Da lì
parte il rilancio, con l’apertura dell’attuale stabilimento: è il 1993, e nasce il marchio Grex, che raccoglie i caschi Nolan delle stagioni passate, con qualche finitura in me-
no, più economici e dedicati ai giovani. Nel ’98 il salto di qualità più importante: nasce X-Lite, la linea di fascia alta, dove tutti i prodotti hanno calotta in fibre composite.
E proprio da questi ultimi parte la nostra visita in azienda: siamo entrati in tutti i settori per vedere dal vivo – e raccontarvi – come vengono progettati, prodotti, rifiniti e
testati i caschi.
All’interno di uno stampo brevettato (il gruppo Nolan produce fino a 4 tipi di calotte, per lo steso modello di casco, che soddisfano tutte le normative dei
vari mercati mondiali) vengono disposti gli strati di fibra di vetro, fibra di carbonio e kevlar, impregnati di resina epossidica, secondo uno schema e in quantità ben definite in
base alle richieste. Perché lo stesso modello di casco viene prodotto con combinazioni di strati e spessori differenziati per ogni mercato mondiale (approfondiremo più avanti
questo discorso).
In gergo, si dice che Ogni casco ha una propria Ricetta. Dentro allo stampo, viene inserito una sorta di grande palloncino, che viene gonfiato ad alta pressione affinché vada a comprimere e far aderire gli stati della calotta contro lo stampo stesso, senza lasciare bolle d’aria, ad una temperatura di 60°. In questo modo si attiva il processo di polimerizzazione della resina.
Una volta essiccata, sulla calotta bisogna aprire la finestra della visiera e tutti i fori di ventilazione e aggancio. Si usa una tecnologia ideata per tagliare con alta precisione il marmo e i piani in pietra: acqua ad altissima pressione (nell’ordine dei 3.600 bar), precisa come un bisturi. Un macchinario a cinque assi ricava tutte le aperture necessarie, in modo del tutto automatico. Un braccio robotico si occupa di lisciare tutti i bordi e gli spigoli con carta abrasiva.
Solo a questo punto entrano in gioco le abilità degli operai specializzati. Si comincia dal reparto finiture, una vera e propria carrozzeria, dove ogni calotta viene controllata, rifinita, stuccata e lisciata alla perfezione. Se un casco è destinato ad avere una colorazione intinta unita, va direttamente al reparto verniciatura (anche questo automatizzato), altrimenti passa nelle mani del reparto decalcomanie.
Questo passaggio ci ha colpito in modo particolare, perché si apprezza l‘abilità manuale con cui lavorano le operatrici di questo settore (tutte donne): non hanno molti riferimenti sulla superficie esterna del casco, vanno ad occhio, a velocità incredibile, seguendo un modello di riferimento. E il risultato è sempre perfetto. Una mano di vernice trasparente assicura la durata nel tempo (tutti i caschi del gruppo Nolan sono garantiti 5 anni, a conferma della qualità costruttiva).
Lo stesso processo viene usato anche peri caschi in policarbonato. In questo caso, la creazione della calotta è molto più semplice: si parte da granuli di materiale grezzo che vengono liquefatti ad alta temperatura per iniettarlo negli stampi. La calotta esce già finita: vanno solo rimossi gli eccessi di materiale nei punti di afflusso della fase di iniezione. Nolan produce anche le proprie visie re in Lexan e persino il visierino antiappanante Pinlock: è l’unico caso al mondo dove l’azienda olandese titolare del brevetto concede la produzione su licenza. In questo modo si possono sviluppare e controllare al meglio le qualità ottiche, senza barriere verso fornitori esterni (discorso che si può estendere a tutti i settori). In parallelo, viene realizzata la calotta interna in EPS, che vanta delle soluzioni tecniche invisibili nel casco finito.
Vengono usati granuli di polistirolo diversi, uniti e combinati nello stesso stampo per ottenere zone a densità differenziata, perché ogni parte della nostra testa abbia bisogno di protezione diversa. Anche gli interni del casco vengo no realizzati in azienda. La sfida è trovare tessuti sempre più confortevoli e traspiranti, e sagomare le imbottiture in modo che aderiscano, senza comprimere, la testa e il volto, diversi in ogni parte del mondo. A questo proposito, è allo studio una nuova linea di prodotti dedicati al mercato asiatico che comprende calotte ed imbottiture dedicate. Come detto in precedenza, tutti i particolari plastici che compongono il casco sono realizzati internamente.
Ora non resta che assemblare i prodotti finiti, tutto rigorosamente a mano.
IL REPARTO R&D DISTRUGGE 5.000 CASCHI
Terminata dunque la visita alla zona dedicata alla costruzione dei caschi, possiamo entrare nelle aree del controllo qualità e nei laboratori di ricerca e sviluppo. Per dare
un’idea di quanto siano importanti questi settori, diamo un numero: ogni anno vengono distrutti 5.000 caschi, che rappresenta una spesa importante, ma necessaria per
garantire qualità. Qui vengono sperimentate le idee più fantasiose. Sembra di entrare in una falegnameria, i primi modelli dei nuovi caschi sono sagomati a mano usando materiali espansi. Si fanno prove di tutti i tipi, anche studi sull’aerodinamica e sulla rumorosità percepita.
È un capitolo molto complesso, il problema più grande nel rendere un casco silenzioso è dovuto alla variabile dei flussi d’aria che ci arrivano al volto: non è mai un flusso costante, cambia di continuo la velocità dell’aria, e le turbolenze che generano i parabrezza delle nostre moto. Il prototi po di un nuovo prodotto deve poi superare i severi test di omologazione. Nolan possiede gli stessi macchinari che usano gli enti di certificazione in tutto il mondo. Al termine del processo produttivo, c’è il controllo qualità. Gli addetti di questo settore vagano in giro per l’azienda e prelevano di continuo caschi a campione, che vengono messi sotto torchio nella loro “stanza delle torture”: macchinari dedicati compiono cicli infiniti che simulano l’utilizzo del cliente finale, oppure cercano il limite di tenute dei vari componenti; apertura e chiusura visiera, allargamento della calotta (come nel momento di indossare il casco), test resistenza cinturino, test d’impatto, test di resistenza ai graffi e alle alte/basse temperature. Se si riscontra il minimo problema, è facile andare a trovare le cause, proprio perché tutta la produzione è interna all’azienda.
Abbiamo lasciato alla fine una dei settori più interessanti per gli appassionati: il reparto racing. Una miniera di aneddoti e curiosità, che purtroppo non abbiamo spazio di raccontare (e anzi, alcune cose è meglio che non vengano divulgate…) i ragazzi che lavorano qui dentro si occupano di tutto, dallo studio delle grafiche di ogni pilota (soddisfare le loro richieste può essere estenuante), al la scelta delle visiere, fino alla realizzazione degli interni su misura; questa è l’unica differenza sostanziale rispetto al prodotto di serie: un pilota ha bisogno che il casco resti perfettamente solidale al viso anche quando esce dalla carena a oltre 300 km/h, per cui i guanciali sono molto stretti e aderenti.
Le visiere sono dotate di Tear-off, quindi devono essere perfettamente piane, e si possono montare anche sui caschi normalmente in vendita. Dall’esperienza racing, sta per partire un progetto dedicato a qualunque pilota privato che voglia avere un casco su misura, dalla grafica agli interni.
Fonte: Motociclismo, Settembre 2017